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Cuba

  


Impressioni caraibiche 2001

A cuba e' stata un'esperienza davvero bella.
In pochi giorni non potevo avere di piu'. Volevo,
anzitutto, vedere se si notava il comunismo,
capirne qualcosa di piu' e, nonostante la corazza
che viene posta davanti al turista sono rimasto
davvero interdetto dalla situazione. Davvero, nulla
di decifrabile usando i nostri comuni schemi
dare-avere. O nulla di paragonabile alla estrema
poverta' africana, alla violenza brasiliana, alla
corruzione messicana... Un altro mondo, invaso
da orde di italiani, la maggior parte dei quali non
si chiede nemmeno perche' un chirurgo guadagni
dieci dollari al mese, o perche' ci siano in circolazione
tre diversi tipi di monete, o perche' questo popolo
esprima una fierezza e una dignita' incredibili,
inconfrontabili con ogni altro popolo caraibico o in via di sviluppo. Inesistente la rete dei trasporti. Strade a malapena asfaltate con buche ovunque, a tratti impercorribili. Case poco piu' che capanne nelle campagne, resti di edifici coloniali in disfacimento nelle citta'.

Migliaia di persone a piedi, o su camion obbligati da appositi ispettori ad ogni incrocio a caricare le persone. Le auto piu' nuove risalgono agli anni '50. Tranne, naturalmente, le auto a nolo dei turisti. E qui si crea l'assurdo: due mondi che convivono paralleli. Dollari (tanti) da una parte, pesos (svalutatissimi) dall'altra. Paralleli: non si toccano. Io pago in dollari, lui in pesos. Obbligatorio. Non esiste un cambio ufficiale. Ecco che l'immagine di Che Guevara sul pesos viene offerta ai turisti per un dollaro. Alla faccia della simbologia: qui sta tutto il dramma di una rivoluzione che si e' trasformata in un'involuzione. Ma quando sento un bambino che chiedendo la carita' declama i versi del maggior poeta cubano, quando la bella poliziotta ventiquattrenne si prostituisce per uno stipendio e si vergogna di far vedere casa sua al sessantenne italiano tutto arzillo, quando i canti rivoluzionari e gli slogan che ossessivamente riempiono i muri lasciano in bocca un sapore di beffa, quando il contadino che mi mostra orgoglioso il "suo" maiale (sono dello stato come le mucche - cinque anni di prigione (cubana brrr) per chi ne ammazza una senza permesso) mi sa dire per filo e per segno tutto l'export mondiale delle derrate alimentari, quando il tassista mi illustra il procedimento per l'estrazione e la lavorazione del nichel, quando il discorso cade su castro e da entrambe le parti ognuno cerchi di capire cosa pensi davvero quell'altro, quando una ragazza, laurea in storia, mi fissa negli occhi, e con un orgoglio e una fierezza incredibile mi racconta della sconfitta dell'esercito spagnolo, del ruolo delle donne nelle guerre di liberazione, del perche' quella bandiera sventoli li... e ci salutiamo come se ci conoscessimo da sempre, allora, quando vedo tutto questo, capisco che c'e poco da capire. E, di quel poco, basterebbe che ne capissimo qualcosa anche quassu'… Vabbe', in otto giorni che vuoi fare... gia' tanto! Ue', mica ho fatto solo indagini sociologiche: catamarano, barca a vela, canoa, snorkeling e perfino un accenno di palestra! (solo pochi minuti per capire che non fa per me)... ed era pure gratis! Purtroppo non ho visto l'Avana, che doveva essere il clou. Ero a 800 km di distanza e l'aereo che doveva portarmici era gia' esaurito. Sara' per un'altra volta? Credo di si. S.

 



 

Come sta Fidèl?! 2004

 

Parrebbe una domanda scontata in qualsiasi parte del mondo:

a Cuba, invece, non è una domanda: è un'indagine a mezza strada fra politica e psicologia. "Benissimo, eccezionale per un uomo della sua età" è la risposta ufficiale, della guida ufficiale con autista, la sera, al tavolo del ristorante, rigorosamente statale.

 

"Non ne posso più", la risposta alla stessa domanda, altrettanto categorica, di una coetanea della prima, però da sola, in un fast food, alle 4 della notte, mangiando patatine troppo simili a quelle dei fast food americani per far finta che a pochi chilometri di mare non ci sia quello per cui tante ragazze come lei sono disposte a fuggire. In ogni modo. Come i suoi fratelli, tutti sparsi fra spagna, canada e america.


Controprova: riprovo a sentire la prima, qualche sera dopo, ma stavolta da sola, al tavolino di un bar, alle 2 di notte, solo noi, bevendo cuba libre. "Tu puoi pensare ciò che vuoi" è la risposta "la verità è che tu fra una settimana parti, io devo rimanere qui e continuarci a lavorare". Anch'ella ha conoscenti all'estero, ma con storie non troppo attraenti. Stavolta è sincera, come - del resto - la prima volta.


Sono bastate quindi un paio di serate per sondare le contraddizioni di una terra e di un popolo che restano unici al mondo. Estremamente poveri ma non per questo miserabili. Prigionieri ma istruiti e consapevoli del mondo che li circonda. Consci di un cambiamento inevitabile in un futuro non lontano ma incapaci di pensare a come potrà essere.

Ma, soprattutto, divisi fra la consapevolezza di dover cambiare e la paura del fallimento di una rivoluzione che li ha riscattati - a suo tempo - dalle miserie che ancora opprimono intere popolazioni caraibiche o sudamericane.


Come sempre poi i ricordi di viaggio - decantando – diventano fotografie che quelle scattate, per belle che siano, non potranno mai pareggiare… Sono quelle di un'arrivo sull'autobus con una guida di regime che ci bacchetta più volte, un centro dell'Avana sempre più "Libre" da affrontare - solo - per l'intera notte, un'Avana di giorno nuvolosa ma forse proprio per questo ancor più particolare.


E un Tropicana, il locale più famoso dell'isola, con piccole scintille contestatrici-controrivoluzionarie dove Stampa & Finanza (premiata Ditta) cercano per due lunghissime ore di sobillare alla rivolta contro lo statalismo burocratico decine di padovani post-canottiera in gita di piacere. Ci siamo quasi riusciti. Sarà stata l'aria della Rivoluzione che si sentiva ovunque. Ce ne andiamo, orgogliosi di noi stessi, a berci la meritata bottiglia.

Poi qualche bicchiere di rhum che ci porta dritti al 25° girone (pardon, ...piano) di un grattacielo che un illustre concittadino dei miei compagni di viaggio avrebbe definito "dei lussuriosi"… Cienfuegos di notte - che camminata - e Trinidad, quasi una piccola Salvador de Bahia, che avrebbero meritato ben più tempo. Come del resto la guida di regime, che con il tempo iniziava un processo di apertura ... chissà ... destinato forse all'abiura. Poi una Varadero marziana, dove una sola strada collega decine di alberghi di lusso... e basta!... e le spiagge, quelle si, bellissime. E mentre passeggio per far passare le sei ore di ritardi accumulati dall'italico volo alla Malpensa innevata , ecco un'italica voce: "Hei, ma ti set mìa de Malsèsen?!?"

La globalizzazione mi ha colpito, e una mia vicina di casa mi ha beccato a 10.000 km...


Che dire: Hasta la victoria, sperando che la vittoria sia quella giusta. Buona fortuna, cuba.

 

S.

 

 

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