Lettonia - Estonia
Cartolina da Riga 2003
Pensavo - chissa' perche' - che Estonia, Lettonia, Lituania significassero semplicità, ritardo, ciminiere, Trabant.
Ho scoperto, appena arrivato, colore, velocità, Jaguar e Mercedes.
Com'e' possibile... Arrivo all'aeroporto, e invece del grigio approdo post-sovietico mi si presenta uno scalo moderno, con tanto di monitor a cristalli liquidi, uffici cambio, linee di bus e tanti taxi a disposizione. Certo, dico, sarà la facciata. Intanto contratto il prezzo per il taxi, memore di trasferte africane e sudamericane. O solo milanesi. C'e' poco da contrattare: la tassista mi impone il suo.
Mi va bene. Super Euro aiuta, la stanchezza del viaggio fa il resto. Destinazione Riga, Lettonia. Finora solo un punto su un Atlante post '91. Prima, lì, il mio vecchio Atlante era tutto colorato di verde. C'era scritto U.R.S.S., così ricordo dalle Elementari.
Piano piano entro in città. Fuori dal finestrino le case si fanno più fitte, attraverso un ponte american-style e sono in un centro storico da far invidia a ben più celebrate capitali europee. Palazzi dalle facciate ottocentesche lasciano poco spazio ai residui dei palazzoni dormitorio, relegati in periferia e meno evidenti che da tante nostre brutte tangenziali.
Trovo, per quel poco che posso comprendere dopo pochi minuti, una città frenetica ma non nevrotica, spazi ampi ma mai deserti, strade trafficate ma non congestionate.
Un piccolo pezzo delle Repubbliche Baltiche. Chissà se si può generalizzare. Si può, Si può, scoprirò poi. Almeno per quanto riguarda le due capitali che vedrò. Palazzi, strade, auto e taxi, tutto ok. Ma la prima cosa che salta all'occhio, è quella, inutile negarlo, per la quale a chiunque abbia solo sentito parlare della destinazione ha subito fatto strizzare l'occhiolino. Sono le donne.
Credevo fosse un modo di dire, o forse poco più di un luogo comune, o, chissà, magari un retaggio della vecchia propaganda comunista. Invece è vero: sono tutte bellissime. Ma proprio tutte: dalla receptionist alla barista, dalla poliziotta alla banconiera.
Speciali, con quel qualcosa di diverso che sta al confine tra la pura fisicità e il modo di fare, tra la ambigua bellezza patinata e uno sguardo complice. Sarà per la compagnia, per fiamma giovanilistica o latinità imperante: non si parlerà comunque d'altro per giorni e giorni, tralasciando tutto il resto.
Il Museo delle Invasioni, poco sostanziosa rivincita del popolo lettone su decenni di dominio prima sovietico, poi nazista, poi ancora comunista. I Palazzi, le grandi strade, l'Opera Nazionale. Una moneta, il Latvi, che pare più forte di quello che avremmo potuto supporre... tutto lascia il tempo che trova di fronte ai confronti "con le nostre donne".
Capisco benissimo, e non faccio fatica ad adeguarmi. Siamo tre (quasi ex) ragazzi. Siamo Italiani. Single, si dice. Abbiamo otto giorni. Nulla da obiettare. Solo qualche accenno di diversione da parte mia, prontamente tacciato di qualunquismo pseudoculturale.
Va bene così.
Scopriremo poi, tutti assieme, che la bellezza femminile fa parte, importante anche se non assoluta, del Prodotto Interno Lordo del Paese.
Ma questo non è colpa delle Lettoni. Il prezzo lo fa la domanda, non l'offerta. E pare che ultimamente la domanda sia in continuo progresso. Che sia anche colpa della qualità dell'"offerta" delle "nostre" occidentali? Chissà. Noi la risposta l'abbiamo abbozzata, ma forse era frutto del momentum. Non volevamo essere cattivi.
In ogni caso alberghi, ristoranti e bar ci paiono subito abbordabili rispetto agli standard a cui "obtorto Euro" ci siamo abituati. Non sappiamo ancora – o non ci interessa più di tanto saperlo - che a pochi chilometri fuori città con due euro si mangia e si beve. E allora, novelli "Italoamericani" provvediamo subito a consumare il doppio del nostro solito, così da poter spendere tanto quanto a casa... L'albergo quattro stelle, il filetto in Piazza Centrale, la discoteca di tendenza.
Tutto è permesso. Siamo sempre ancora (quasi ex) ragazzi. E, non da ultimo, abbiamo ancora solo sette giorni.
Ne bastano solo due però per capire che non tutti coloro che man mano conosciamo parlano la stessa lingua. E, a ben guardare, nemmeno si assomigliano molto. Ecco che scopriamo "dal vivo" dopo averlo letto distrattamente sulla guida, che sessanta lettoni su cento in realtà sono russi. E il problema non è da poco. Due lingue incompatibili. Per non parlare dei ricorsi storici.
Locali diversi per ogni gruppo etnico. Uno vota. L'altro no. Un Alto Adige un po' più complesso, ammesso che il nostro sia stato semplice. Ma qui ci sono di mezzo due guerre mondiali, migliaia e migliaia di matrimoni misti, enormi interessi economici. In pochi giorni il problema l'ho solo avvertito. Non mi sono nemmeno sognato di poter pensare chi avesse ragione e chi torto. Anche se forse, come in molti altri casi, la risposta più scontata potrebbe essere "tutti e nessuno". Il prossimo anno, teoricamente, potrebbero far parte dell'Unione Europea. Ne sono lieto. Anzi, davvero felice. Tremo solo davanti all'ipotesi di tanti piccoli Bossi russi a Bruxelles, brrrrr fantapolitica ... Spero.
Intanto, il quarto giorno, conosciamo l'Estonia. E la conosciamo nel miglior modo possibile.
Sistema legislativo, esecutivo e, (quasi) giudiziario in un sol botto: in poche parole ci ferma la polizia a 136 km/h su una strada statale a rigoroso limite novanta. Almeno qua, i luoghi comuni sulle polizie dell'est funzionano, e la multa da codice della strada di 800 euro più arresto si trasforma magicamente in 70 euro volemose bene e andate piano… rigorosamente diritte in tasca senza sprecare la carta dell'inutile verbale…
Tallin mi stupisce. Il centro storico circondato dalle mura mi da quasi le sensazioni di una Volterra del Nord.
Sulla strada del ritorno, quattrocento chilometri percorsi asintoticamente agli 89,9 km/h, ci concediamo perfino il lusso di una fermata marittima, con tanto di bagno nel Baltico. Una giovane estone, nel frattempo, mi informa che tutte le ragazze al referendum confermativo dell'adesione U.E. voteranno si, mentre i maschi sono fermamente contrari. Pochi i motivi economico-politici-finanziari, presumo. Paura di fuga in massa delle ragazze verso presunti paradisi matrimoniali. Non so se il Professor Prodi abbia valutato la cosa. Noi si.
Nell'attesa dell'Unione Europea, e di tutto il resto, mi accorgo e documento che anche qua c'è già chi ha provveduto a riunire tutti sotto una stessa bandiera che non è (per fortuna) quella rosso sangue, e nemmeno blu-stellata, ma la stessa [VISA ndr] che sventola ormai in tutto il mondo. Speriamo bene incrociamo le dita.
S.
stefanotesta.it